Wavelab 7: l’audio digitale al microscopio

Alcune fra le funzioni più sofisticate che Wavelab offre riguardano la possibilità di conoscere in maniera molto dettagliata tutti i parametri relativi alla traccia audio.

Esistono due tipologie di analisi: una in tempo reale che possiamo eseguire grazie agli strumenti di misura quali vu-meter, bit meter, correlatore di fase, etc. e una off-line che si occupa di fornirci dati statistici e descrittivi dell’audio in questione.

Per fare un esempio pratico, importiamo una traccia da un Cd che normalmente usiamo come riferimento e andiamo ad esaminarne le informazioni.

Dal menù utility => importa tracce cd audio (o per i più pratici CTRL-I) accediamo alla finestra che permette di selezionare la traccia che abbiamo scelto.

Possiamo decidere se salvare la traccia nella cartella temporanea di default oppure se crearne una noi (consigliato, così da poter gestire autonomamente i vostri files). Fatto ciò clicchiamo su salva.

Una volta comparsa la forma d’onda, possiamo subito vedere in basso a destra le informazioni sulla durata della traccia e la risoluzione dell’audio (che sarà sempre 44100 Hz 16 bit nel caso di Cd audio standard).

Clicchiamo sullo strumento VU-Meter sulla barra degli strumenti in alto e andiamo in play.

Vedremo scorrere tre indicatori: i primi, posti agli estremi rispettivamente del canale sinistro e destro, sono i peak meter e forniscono i valori di picco istantanei (o meglio quasi istantanei) della nostra traccia audio. Per questo motivo sono molto rapidi, tuttavia il nostro apparato uditivo (cervello compreso) non è in grado di percepire variazioni di volume così rapide. La sensazione di volume (loudness in inglese) la possiamo leggere dagli indicatori posti in mezzo ai peak meter. Il loro andamento è più lento e ci forniscono dei valori che rispecchiano la nostra percezione uditiva. Quindi sono i valori da tenere maggiormente sotto controllo in fase di mastering; intervenire su questi parametri significa andare a modificare ?quanto suona forte il pezzo?.

Ovviamente non esistono valori di riferimento assoluti ai quali attenersi, anche se ascoltare un brano con un volume maggiore è più piacevole, bisogna sempre tener presente il genere musicale e le intenzioni dell’artista, poiché un volume maggiore significa inevitabilmente meno dinamica e un conseguente ?appiattimento? dell’ascolto.

L’indicatore in basso invece si occupa di leggere la distribuzione del volume sui canali destro e sinistro riportando anch’esso valori di picco e valori rms.

Passiamo al prossimo strumento: il correlatore di fase.

Al di là del suo aspetto pittoresco, è un tool molto importante e ci permette di visualizzare due informazioni: la posizione stereofonica del brano e la relazione fra la fase del canale destro e la fase del canale sinistro.
Se analizzassimo un file mono vedremmo nel riquadro centrale una sottile linea verticale immobile, in un file stereo invece compaiono una serie di linee contorte ce si muovono in relazione al posizionamento dei suoni sui canali L e R.

Il correlatore (il cursore che si muove sull’asse orizzontale) invece indica se le fasi dei canali LR generano o meno delle cancellazioni di suono nel caso in cui il nostro file stereo venga riprodotto in mono. Se il cursore si muove prevalentemente tra 0 e +1 significa che non ci sono cancellazioni di fase significative; al contrario se il cursore si trova nella parte negativa siamo in presenza di controfasi.

Fino a qualche anno fa, la mono-compatibilità era un aspetto molto importante da rispettare, ma con l’avvento dei sistemi multicanale e in generale la graduale sparizione di sistemi di ascolto mono, oggi si tende a non curarsi più del problema (prevalentemente in ambito musicale, non è il caso del broadcasting).

Si può fare un esperimento per chiarire meglio gli effetti della controfase.

Selezioniamo un singolo canale della nostra traccia e andando su processa => inverti fase mettiamo artificialmente in controfase un canale della nostra traccia. Adesso andiamo in play e se stiamo sentendo su un sistema stereo non noteremo particolari disturbi nell’ascolto. Il correlatore di fase dovrebbe trovarsi quasi permanentemente nella parte negativa.

Se adesso ascoltiamo la traccia in mono attivando la funzione mono nella sezione master ci rendiamo immediatamente conto delle pesanti cancellazioni di suono, in particolare di tutto ciò che era stato mixato al centro come ad esempio la voce e i suoni con le frequenze più basse.

Lo spettroscopio e lo spettrometro sono indispensabili per analizzare il contenuto armonico della traccia e controllare il bilancio generale delle frequenze e delle relazioni fra esse.

Bit Meter: misura in tempo reale l’utilizzo dei bit audio. E’ importante per verificare l’eventuale presenza di errori, visualizzati come buchi nella griglia, e monitorare la dinamica della traccia. Ovviamente del nostro file mostrerà 16 bits utilizzati, ma se ad esempio spostiamo nella sezione master i fader del volume, noteremo che la griglia si riempie fino ad occupare tutta la scala dei 24 bits. Non si tratta di un errore, ma in questo modo Wavelab implementa la risoluzione del motore audio, aumentando quindi la precisione e la qualità dei nostri interventi.

Gli ultimi due strumenti sono un oscilloscopio e uno wavescope, il cui utilizzo è trascurabile nel caso di una forma d’onda complessa come il nostro file musicale, ma che si rivelano utili nell’analisi si forme d’onda più semplici o per esaminare brevi porzioni di audio.

Come detto in precedenza Wavelab offre anche la possibilità di conoscere alcune importanti informazioni statistiche, come la presenza di errori, clip audio, l’ampiezza dei picchi e il volume medio.
Dal menù in alto apriamo analisi=>analisi globale (oppure Y da tastiera) e clicchiamo su analizza.

Nella prima scheda viene indicato il livello massimo dei picchi della nostra traccia (gli stessi valori che ci venivano indicati in rosso a fianco dei peak meter) e i valori relativi alla posizione del cursore, nel caso in cui avessimo la necessità di conoscere l’ampiezza della wave in un determinato punto.

Nella seconda scheda troviamo un resoconto del volume massimo, minimo e medio, i valori sono tutti negativi la scala dei dB utilizzata è quella relativa all’audio digitale dB fs (full scale) in cui il valore massimo è 0.

Nella scheda successiva (altezza) Wavelab ci da la possibilità di conoscere l’intonazione di un singolo suono armonico, è ovvio che non è il nostro caso per cui possiamo tralasciarla e passare alla successiva intitolata extra, dedicata all’individuazione e all’entità del DC offset.

Il DC offset (DC sta per Direct Current, corrente continua e offset significa compensare) è uno scostamento, solitamente verso l’alto, della forma d’onda dal punto 0. E’ un errore che si verifica in fase di campionamento e può essere determinato dalla presenza di frequenze molto basse che per via della loro lunghezza d’onda, vengono scambiate dal convertitore per corrente continua. In presenza di valori elevati è possibile visualizzarlo zommando la forma d’onda e notare come lo zero dell’onda stessa non coincida con lo zero riportato sull’asse verticale.

Un modo per eliminarlo è quello di utilizzare un filtro passa alto con una pendenza molto ripida puntato al di sotto dei 20 Hz circa. Oppure Wavelab ci offre il suo strumento di correzione che troviamo nel menù processa =>elimina DC offset.

Nell’ultima scheda dedicata agli errori, possiamo scoprire la presenza di discontinuità e di clip audio.

Se nella casella formato di uscita vengono riportati degli errori, cliccando sul valore di punti riportato possiamo attivare una comoda funzione che assegna un marker ad ogni hot point e tramite la funzione focus e la barra di scorrimento possiamo rapidamente andare a correggere la porzione di audio che ha generato l’errore.

Nel menù analisi è presente un’altra funzione interessante, l’analisi delle frequenze in 3D.

Si tratta di un grafico molto intuitivo e di facile lettura che ci permette di visualizzare nel tempo le frequenze e la loro ampiezza. Tramite la rotella virtuale possiamo ruotare il grafico per una consultazione dettagliata.

Per esempio si può notare la presenza o meno di filtri passa basso come mostrano i due grafici a confronto:

HI PASS

NO HI PASS

nel secondo grafico è evidente come sia stato effettuato un filtraggio più accurato e preciso delle frequenze più basse, mentre nel primo sono presenti suoni, se pur di bassa intensità, al di sotto dei 14 Hz.

Alla luce di quanto detto fin qui, un esercizio molto utile per qualsiasi ingegnere di mastering è quello di confrontare fra loro diversi lavori musicali ed evidenziarne le principali differenze, per capire come mai uno ?suona? in un modo rispetto ad un altro.

Perciò buon ascolto a tutti!

Stefano Danese
Musicista e appassionato da anni di Hard Disk recording, ha partecipato a corsi di formazione per tecnici del suono e attualmente frequenta il corso di Musica Elettronica con indirizzo “Tecnico di sala di registrazione” presso il Conservatorio di Frosinone.