l’Equalizzatore

L'equalizzatoreDopo il compressore, ecco un altro elemento chiave di ogni missaggio! Scopriamo come è fatto e come funziona.

a cura di cubaser

L’equalizzatore è un processore di segnale che permette di correggere la timbrica di un evento sonoro manipolando l’intensita della frequenze audio. Un equalizzatore agisce sull’intensità di una certa frequenza ed è in grado di enfatizzarla o attenuarla utilizzando dei filtri per isolarle; la quantità di intervento di un equalizzatore si misura in decibel. Oltre all’effetto di modifica timbrica che , ci sarà anche un incremento o un decremento della loudness vera e propria del file audio su cui andremo ad operare.

Un filtro lavora su una determinata porzione dello spettro di frequenze udibili, detta anche banda passante, che viene identificata con il termine “frequenza di taglio” (d’ora in poi Fc o cutoff frequency) la Fc si esprime in Hertz; un equalizzatore centrato su una Fc di 220 Hz sarà quindi in grado di operare incrementi o decrementi di un certo numero di dB su tale frequenza.

Solo su quella frequenza? No, introduciamo quindi un ulteriore concetto: la pendenza di un filtro. Il termine frequenza di taglio lascerebbe intendere un intervento netto, in modo che, ad esempio sulla già citata frequenza di 220 Hz, il filtro sia in grado di operare selettivamente e chirurgicamente, escludendo tutto ciò che sta al di sopra e al di sotto, ma nella realtà un filtro non si comporta così: l’intervento di un filtro è massimo nel punto della Fc per diminuire gradatamente fino a ridursi a zero sulle frequenze adiacenti.

L’unità di misura della pendenza di un filtro è il dB/Ottava. Se prendiamo come riferimento lo spettro dell’udibile, i classici 20/20.000 Hz, assumeremo come riferimento multipli e sottomultipli di una certa frequenza. Prendendo a paragone i 220 Hz, avremo come indicazione i 110, 55, 22,5 a scendere, e i 440, 880, 1760 etc. a salire, e l’intervallo tra due multipli può essere ulteriormente suddiviso in 12 step equidistanti (appunto lo stesso sistema adottato nella scala temperata). La misura indica di quanti dB per ogni ottava varia l’intervento man mano che ci si allontana dalla Fc.

Per fare un esempio, assumendo come punto di partenza i classici 440 Hz del La, una eventuale attenuazione sarà massima su tale frequenza, per diminuire progressivamente di una certa quantità ogni metà di tale valore, 220, 110, 55, ecc. Per essere ancora più precisi, esistono diverse classi di filtro, che individuano in che modo decresce l’intervento lungo l’asse delle frequenze.

Un filtro di primo ordine attenua di 6 dB/oct., vale a dire che al primo multiplo o sottomultiplo avremo 6 dB di intervento, che diventeranno 12 al secondo multiplo o sottomultiplo e cosi via.

Un filtro di secondo ordine ha una pendenza di 12 dB/oct. (la maggior parte di ciò che si trova in giro); di terzo ordine di 18 dB/oct., mentre di quarto ordine ha 24 dB/oct. Maggiore è la pendenza, più l’intervento è selettivo rispetto alle frequenze collaterali.

Per farmi capire meglio, questo è il grafico di un filtro HPF (vedremo poi le varie tipologie di equalizzatori) la cui Fc è centrata sui 1.000 Hz, nella versione con pendenza a 6 dB/oct. e 12 dB/oct. (cortesia MeldaProductions)

Figura 2

 

La curva di intervento (pendenza del filtro) è molto più ripida nella versione a 12 dB/oct, di conseguenza questo tipo di filtro interferisce meno con le frequenze circostanti, arrivando ad avere praticamente un fattore di intervento nullo già intorno ai 4.000 Hz.

Veniamo infine all’equalizzatore vero e proprio. Esistono due fondamentali categorie di equalizzatori, gli equalizzatori grafici e gli equalizzatori parametrici; la differenza tra le due categorie sta nel fatto che la Fc e la pendenza negli equalizzatori grafici sono predeterminate, mentre nei parametrici sono liberamente definibili dall’utente.

Ecco un famoso equalizzatore grafico

Figura 3

Si tratta di un modello a terzi di ottava, vale a dire che lo spettro udibile è stato suddiviso in modo da ricavare 31 interventi, a partire dai 25 Hz per arrivare ai 20 kHz. Ovviamente una suddivisione così accurata è necessaria per scopi piuttosto specifici; in particolare questo modello è stato usato moltissimo per correggere l’acustica ambientale.

Intuitivamente, più l’intervento è mirato su una certa frequenza, e con una pendenza stretta, più avrà un carattere “chirurgico”; in un missaggio difficilmente si utilizzerà un equalizzatore del genere, ma si preferisce utilizzare uno o più equalizzatori parametrici, o altri tipi di filtro.

Con un equalizzatore parametrico siamo in grado di definire una determinata frequenza, ed anche di scegliere la pendenza più opportuna a seconda del tipo di intervento da eseguire.

Ecco un equalizzatore parametrico

Figura 4

A differenza dell’equalizzatore grafico un parametrico ha 3 comandi:

Level: il guadagno dell’equalizzatore

Frequency: consente di impostare una Fc specifica

Q (larghezza banda) consente di modificare la pendenza dell’equalizzatore

(i comandi sono gli stessi di un VCF (Voltage Controlled Filter) che si può trovare in un sintetizzatore, a parte il parametro Q che nel VCF si chiama “risonanza”; ed in effetti il VCF di un  synth non è altro che un equalizzatore un po’particolare, in quanto lavora solo in sottrazione.)

Ecco l’equalizzatore di Cubase, in cui sono stati aggiunti 10 dB sulla frequenza di 2 Khz, con il comando Q aperto al massimo;

Figura 5

Figura 5

Come si può notare, l’intervento ha ripercussioni sulle frequenze adiacenti in modo decrescente, fino a diversi multipli della Fc. La rappresentazione grafica dell’intervento fa pensare ad una campana ed in effetti si parla proprio di “campanatura del filtro” per indicare la pendenza minore o maggiore.

Ed ecco lo stesso intervento, ma con la campanatura stretta al massimo

Figura 6

Figura 6

Utilizzare una campana larga o stretta porta ovviamente a risultati acustici diversi: un intervento mirato ad una sola frequenza è in genere un intervento correttivo, mentre una campana larga permette un intervento più musicale.

Se infatti prendiamo a paragone l’esempio precedente, un boost (da qui in avanti adotteremo la terminologia standard per indicare incremento, boost, o decremento, cut) sulla frequenza fondamentale poniamo di 500 Hz porterà anche ad un aumento di minore intensità anche sulle parziali seguenti e precedenti.

Facciamo una piccola digressione di carattere acustico; se prendiamo un tono puro (la classica sinusoide) di 500 Hz, avremo questo tipo di waveform

Figura 7

Figura 7

un suono di questo genere è composto dalla sola fondamentale, la frequenza di base. Una forma d’onda, però, nella realtà, è molto più complessa ed è formata oltre che dalla fondamentale, da molte altre parziali, che possono essere componenti armoniche, multipli esatti della fondamentale, o componenti inarmoniche. La somma della fondamentale e delle parziali determina il timbro caratteristico di un particolare strumento.

Per semplificare la rappresentazione, adottiamo una waveform composta, oltre che dalla fondamentale di 500 Hz, da altre 3 armoniche, 1, 2 e 4 kHz, naturalmente di intensità man mano inferiore, per comodità, di 5 dB in 5 dB. Le tre armoniche sono sinusoidi generate su Wavelab e sommate della fondamentale in corrispondenza dei primi 3 zero crossing (il punto dove la waveform incrocia l’asse delle ascisse nel grafico); la risultante è questa: la waveform si modifica nel tempo assumendo un ciclo più irregolare (notate l’intervento progressivo delle tre armoniche sulla forma d’onda).

Figura 8

Figura 8

e questa è una analisi della distribuzione delle frequenze

Figura 9

Figura 9

Se applichiamo con il nostro Eq. un cut di 20 dB sui 500 Hz con una campana molto stretta, otterremo questo tipo di intervento:

Figura 10

Figura 10

La zona interessata è quella della fondamentale, poco o nulla le armoniche successive;

Allargando la campana

Figura 11

Figura 11

 

l’azione dell’equalizzatore si estende alle frequenze vicine.

Ed ecco invece un intervento centrato sulla prima armonica (1000 Hz)

Figura 12

Figura 12

Questo è chiaramente un intervento correttivo.

Da notare anche nella Fig. 8 che, nonostante la terza armonica sia 15 dB più bassa della fondamentale, la somma delle tre armoniche ha ottenuto il risultato di alzare il volume complessivo del segnale stesso di circa 5 dB. Il livello è modificato ulteriormente dall’intervento dell’Eq: questo è il motivo per cui molti equalizzatori prevedono un comando che in genere si chiama Trim o Gain, situato dopo il filtro, che serve a riportare il segnale ad un livello corretto dopo l’intervento.

Abbiamo visto come interventi effettuati con una campanatura più estesa abbiano il risultato di modificare il timbro di un suono in senso “eufonico”; c’è però un altro aspetto che va considerato, sia in fase di ripresa che in fase di missaggio. In uno strumento musicale, gli Hertz sono gli stessi sia che individuino lo spettro sonoro, sia che determinino l’intonazione vera e propria; mi spiego con un esempio. Poniamo il caso di un basso con una corda che crea risonanze indesiderate intorno ai 400 Hz, e facciamolo suonare in un brano con la tonalità di La maggiore: se andiamo a correggere con un Eq questa frequenza, automaticamente saranno attenuate tutte le fondamentali e le armoniche dei La nelle varie ottave, ottenendo il risultato di  far sentire meno il basso quando produce un La; di conseguenza, occorrerebbe tenere conto anche di questi particolari nella stesura e nella registrazione di un brano, pena il ricorso ad acrobazie successive!

La rappresentazione di questa waveform è ovviamente estremamente semplificata, in quanto non tiene presente degli inviluppi delle parziali (l’ampiezza di ogni parziale cambia nel tempo, a meno che non parliamo di waveform sintetiche), del fatto che non necessariamente un suono contiene le sole armoniche (non succede praticamente mai) e del fatto che non tutte le parziali sono necessariamente in fase, ecc.

Alcuni plugins attuali, mi viene in mente ad es. Izotope RX, utilizzano la ricerca delle armoniche per i processi di eliminazione di frequenze indesiderate; in pratica adottano un eq con pendenza molto ripida in grado di ricercare ed eliminare i multipli della frequenza da rimuovere

La pagina Hum removal di Izotope RX (servirebbe a togliere il rumore di massa, ma può essere impostato anche su qualsiasi frequenza) è sostanzialmente un filtro rigetta-banda (notch) che opera automaticamente sulla fondamentale, impostata dall’utente e su un certo numero di armoniche, la cui intensità e pendenza è impostabile pure a piacere; ecco RX sui nostri 500 Hz.

Figura 12
Figura 13

Rovesciando il discorso, un piccolo trucco per far risaltare uno strumento è intervenire su una sua armonica piuttosto che sulle frequenze significative.

Abbiamo parlato di filtro Notch, ed è quindi giunta l’ora di introdurre le varie tipologie di filtri ed equalizzatori in uso.

Una piccola precisazione: nell’epoca del “ferro” (gli individui affetti da G.A.S., Gear Acquisition Syndrome, chiamano così i processori hardware) si potevano individuare due grandi categorie di equalizzatori, a seconda della circuiteria con cui erano progettati: gli equalizzatori passivi e gli equalizzatori attivi. I primi possono lavorare solo in sottrazione, mentre i secondi sono in grado di operare anche in aumento. Ovviamente in campo software una tale distinzione perde molto di significato, ma, come in molti altri esempi, la nomenclatura rimane ad indicare la funzione (e ricordiamoci comunque che i “ferri” si usano ancora, eccome!).

A loro volta, gli equalizzatori attivi possono essere a frequenza fissa (gli Eq grafici) o a campana variabile (Peaking Bell). Appartengono alla prima categoria (e quindi sono a tutti gli effetti da considerare dei semplici filtri) gli HPF e LPF. Tuttavia, il termine “filtro” viene in impiegato in modo generico anche per indicare un equalizzatore.

I filtri Passa Alto e Passa Basso (Highpass filter, HPF e Lowpass filter, LPF) sono dei filtri che attenuano le frequenze al di sopra  (Lowpass) o al di sotto (Highpass) di una determinata soglia, definita dall’utente. Servono a filtrare completamente porzioni indesiderate di spettro armonico. Tipica applicazione di un filtro HPF è il bottoncino generalmente marcato “80 Hz” presente sul canale di molti mixer che taglia tutte le frequenze al di sotto degli 80 Hz, in modo da minimizzare rimbombi sul palco.

Generalmente HPF e LPF si trovano preimpostati nei vari strip channel alle estremità della serie di interventi disponibili; nell’Eq di Cubase, si presentano così:

Figura 12

Figura 14

I filtri High pass e Low pass lavorano solo in sottrazione e l’unico parametro modificabile è la Fc; nella nostra illustrazione, sono impostati rispettivamente sui 100 e 10.000 Hz. Ciò vuol dire che tutto ciò che è al di sotto o al di sopra di queste due frequenze viene tagliato da questa particolare traccia; la pendenza è fissa, come il guadagno (negativo ovviamente).

Un filtro simile è il filtro a Scaffale (Shelf, prende il nome dal grafico che somiglia, appunto, ad uno scaffale) che opera in questo modo

Figura 12

Figura 15

Un filtro Shelf ha la possibilità di esaltare o attenuare tutte le frequenze antecedenti o successive ad una determinata soglia, utilizzando i tre controlli classici Gain, Frequency e Q

Nella figura, un Boost sui 100 Hz e un Cut sui 10 kHz, quest’ultimo con una Q un po’accentuata.

Il Filtro Elimina banda (Notch) è un filtro capace di cancellare una determinata frequenza; è sostanzialmente una combinazione di un HPF con un LPF con una pendenza molto accentuata o, in sostanza un Eq parametrico che lavora solo in sottrazione con gain fisso e pendenza molto accentuata.

Figura 12

Figura 16

Il suo “gemello diverso” è il filtro Passabanda (bandpass) che ha una impostazione analoga e speculare che invece di eliminare una determinata porzione di spettro la esalta.

Fin da quando l’uomo inventò l’equalizzatore si pose il problema della pendenza (mi è venuta una frase aulica!). Nel filtro ideale, la pendenza è una retta perpendicolare, in modo che l’intervento del filtro agisca solo ed esclusivamente sulla Fc. Purtroppo, fino all’avvento dei plugins e dell’equalizzatore digitale, pendenze molto ripide erano difficilissime da ottenere ed eventualmente appannaggio di apparecchiature molto costose.

L’avvento del digitale ha cambiato tutto; prendiamo ad es, il nostro HPF centrato sui 100 Hz

Figura 12

Figura 17

Se volessimo accentuarne la pendenza, potremmo sempre sommare altri interventi in questo modo

Figura 12

Figura 18

Utilizzando 4 interventi dell’Eq di canale ed un ulteriore Eq in insert per chiudere il buco rimasto nella zona al di sotto dei 50 Hz, tutti opportunamente combinati come Fc e pendenza in modo da creare un mega HPF.

Filtro a pettine (Comb Eq): l’abbiamo già visto, nell’esempio di Izotope RX; si chiama così proprio perchè il grafico ricorda i denti di un pettine!

E per finire, l’Equalizzatore Parametrico vero e proprio, che abbiamo già incontrato precedentemente; alcuni mixer utilizzano una forma semplificata di Eq parametrico, dotata solo dei controlli di Gain e Frequency, ma senza Q; questo tipo particolare viene definito Semiparametrico.

L’Equalizzatore Grafico, invece, non permette altro intervento che di gain su frequenze predeterminate; i più usati sono a 15 e 31 interventi e generalmente prevedono la possibilità di switch fra pendenze di 6 o 12 dB/oct. per poter rendere più selettiva l’azione. Non sono rari equalizzatori grafici a tre, due e perfino un solo intervento, specie all’interno di altro tipo di effettistica o su strumenti virtuali, con lo scopo di colorare in modo più o meno definito il suono.

Sì, ma come si usa?

Ed ecco a voi la risposta da due cents alla domanda da un milione di dollari!

  • L’equalizzatore può essere usato per scopi molteplici:
  • Correzione di problemi di ripresa o comunque di un suono
  • Miglioramento di un suono
  • Equilibrio di frequenze fra le varie componenti di un arrangiamento
  • Modifica della timbrica generale di un brano/ottimizzazione in varie situazioni di ascolto.

Ognuno di questi processi può richiedere un diverso intervento con un diverso filtro.

Volendo intervenire per modificare o migliorare il suono di uno strumento, si può seguire una tabella che definisce in linea di massima quelle che si chiamano le “frequenze magiche”, ovvero gamme di frequenza che, per diverse tipologie di strumenti, sono più indicate ad enfatizzarne i pregi e minimizzarne i difetti.

Prendiamo ad esempio la voce; la maggior parte delle frequenze caratteristiche della voce risiede nella zona dalle frequenze mediobasse (200/800 Hz) alle medie/medio alte, fino ai 7/8 kHz. Fermo restando le caratteristiche timbriche personali di ogni cantante, un piccolo boost sulle frequenze medioalte (attorno ai 4/5 kHz) migliora l’intelligibilità del testo, mentre un intervento sottrattivo sulle mediobasse, intorno ai 250/300 Hz, può eliminare un “effetto scatola”.

Se ci rivolgiamo invece alla cassa della batteria, il grosso del suono si troverà sulla parte bassa, diciamo fino ai 120 Hz, mentre la punta si trova anch’essa nella zona dei 5 kHz

Ecco una tabella che riassume alcune frequenze magiche (cioè frequenze sensibili) relative agli strumenti più comuni:

Tabella frequenze magiche PDF

Ho ricavato da diverse pubblicazioni i valori; ho anche tradotto in italiano i termini impiegati, talvolta forse non in modo rispondente.

In effetti ci sono espressioni intraducibili (“Clang”, “Snap”), dato che la terminologia in molti casi è onomatopeica. Ad esempio i fiati sarebbero “piercing” (bucanti!) ad una certa frequenza e i piatti sarebbero “Clang” (e qui si capisce bene) ad un’altra. Ho tradotto il termine “hollowness” (vuotezza) come “nasale” e “bottom” e “body” come “corpo”. Non vogliatemene!

Non è detto che un suono, una volta ben equalizzato, si fonda correttamente con le frequenze contenute nel resto delle tracce di un arrangiamento. Se ci fate caso, praticamente tutti gli strumenti hanno zone sensibili che si sovrappongono l’una all’altra; di conseguenza, ogni suono andrebbe poi trattato anche in funzione dell’arrangiamento in generale.

É buona pratica operare interventi sottrattivi piuttosto che in esaltazione, in modo da scavare delle piccole nicchie in zone di frequenza che invece servono a far risaltare altri strumenti. Una buona parte del successo del missaggio sta nella scelta dei suoni alla base, ed anche
nell’arrangiamento: suonando degli accordi a dieci dita di organo con i bassi raddoppiati si toglierà spazio praticamente a qualsiasi altro strumento. In genere, si tagliano o si attenuano tutte le frequenze al di sotto dei 100 Hz in tutte le tracce che non siano di cassa e basso, in modo da non ingolfare questa zona, lasciandola tutta per i due strumenti che sono la spina dorsale di un brano.

A questo scopo si usano appunto i filtri HPF e LPF.

A mio parere, e mia abitudine, è meglio non esagerare con la sindrome di guarda quanti bei pulsanti e knobs ci sono in questo Eq, li DEVO usare TUTTI.

Secondo me, se si utilizzano così tanti interventi, c’è qualcosa di sbagliato nel suono di partenza, e bisogna riconsiderarlo.

E a volte bisogna spiegare a noi stessi o al cliente rognoso che un suono di per sé bruttino può nel contesto funzionare (i peggiori sono i chitarristi elettrici!); per contro, se insistiamo a schiaffare 12 dB sui 100 Hz alla nostra supermegachitarradistortaMarshalldoppiacassa incasineremo tutta la zona bassa del missaggio.

Un intervento che è consigliabile compiere sul master, o in particolari situazioni anche sulle tracce, è il taglio delle frequenze ultrabasse, in genere al di sotto dei 40 Hz; queste frequenze raramente sono riprodotte correttamente dai diffusori in commercio (parliamo di un ascolto medio), non parliamo poi delle cuffiette ed altri mezzi di riproduzione più o meno rudimentali entrati ormai nella pratica quotidiana, però, se presenti, occupano spazio che, se recuperato, offre la possibilità di guadagnare qualche dB in fase di mastering e soprattutto non ingolfano la riproduzione.

Arrivato alla fine del suo lungo viaggio, il nostro progetto è un treno di forme d’onda piuttosto complesso che, per essere riprodotto, viene convertito in impulsi elettrici che vengono amplificati e poi tramutati in oscillazioni meccaniche da un altoparlante. Le frequenze basse hanno un ciclo di oscillazione piuttosto lungo che va anche ad influire sul movimento del cono dell’altoparlante, che  con la sua corsa ricrea le onde sonore dalla loro immagine elettrica, influenzandone il rendimento. Eliminare frequenze ultrabasse ripulisce l’ascolto sia in senso meccanico che acustico.

La “Spazzolata” (sweep in inglese, nd cj)

Tecnica empirica che permette di ricercare una determinata frequenza; consiste nello stringere al massimo la campanatura di un equalizzatore parametrico, alzare il guadagno e scorrere tutta la gamma delle frequenze fino a sentire quella che ci interessa. Una volta trovata la frequenza, si può risistemare sia la campana che il gain ad un valore appropriato.

Figura 12

Figura 19

Questa tecnica ha il vantaggio di mettere in grado di individuare le frequenze in modo rapido e abbastanza preciso ma presenta un possibile problema: enfatizzare oltre misura determinate frequenze può innescare in certe situazioni risonanze che in realtà sono dovute all’ambiente stesso, non trattato, e quindi provocare un intervento che è in realtà l’opposto di quello che si vorrebbe ottenere; di conseguenza, quando si adotta questa tecnica, è opportuno tenere conto anche di queste controindicazioni (tenete d’occhio anche i coni dei vostri monitors, se lavorate a volumi elevati rischiate di trovarveli sparati sul pavimento in quattro e quattr’otto!).

L’equalizzatore di Cubase

L’equalizzatore standard contenuto nello strip channel di Cubase è un equalizzatore a 4 interventi, ognuno dei quali può assolvere parecchie funzioni; a partire da sinistra verso destra, per comodità visiva e tradizione, gli interventi sono numerati da 1 a 4 secondo lo schema classico basse, medie, medioalte, acuti, ma ovviamente nulla vieta di incentrare l’intervento 1 sui 20 kHz invece che sui 100 Hz. Ogni intervento poi può essere impostato su varie tipologie di filtro.

I due interventi estremi, 1 e 4, sono i più duttili potendo essere commutati su HPF o LPF, Shelf e Parametrico, con vari tipi di pendenza

Figura 12

Figura 20

Questo significa, ad es. che Low Shelf I e Low Shelf IV si comporteranno così, a parità di impostazioni

Figura 12

Figura 21

I due interventi centrali offrono invece la scelta tra parametrico 1 e 2.

Ogni intervento è dotato di Bypass e Flip individuale; in particolare il comando “Flip” consente di rovesciare istantaneamente l’intervento. L’equalizzatore nel suo insieme ha poi un Bypass e un Flip generali

Figura 12

Figura 22

Vi invito a provare l’equalizzatore MeldaProductions, un gioiellino con l’indubbio pregio di essere gratuito! Questo plugin, a 6 interventi, tutti configurabili, racchiude tutte le possibilità che possono essere offerte da un equalizzatore. Per ogni intervento può essere scelto il tipo di filtro (con la possibilità di modificare le relative armoniche) ed ogni intervento ha il suo bypass e flip.

Figura 12

Figura 23

Un master output prevede un comando Dry/Wet (!) che consente di miscelare il segnale equalizzato con quello non equalizzato, il gain ed un comando Saturation che ha la funzione di “analogizzare” il plugin; una sezione “analyzer” consente di visualizzare il grafico delle frequenze in background per facilitare le operazioni.

Figura 12

Figura 24

Una vera chicca è la possibilità di usare l’Eq in modo differenziato sui due canali stereo o addirittura in modalità MID-SIDE

Figura 12

Figura 25

L’equalizzatore fa parte di un bundle scaricabile gratuitamente dal sito MeldaProductions, che comprende molti altri effetti classici e non, come chorus, compressore, limiter ma anche analyzer, ring modulator e altro.

Il sito comprende anche una interessante sezione Tutorial non solo sull’uso dell’effettistica.

Per maggiori info e per scaricare il bundle:

http://www.meldaproduction.com/

Un interessante sito con una piccola applicazione web interattiva che spiega ulteriormente il posizionamento delle frequenze nello spettro sonoro:

http://www.independentrecording.net/irn/resources/freqchart/main_display.htm

Pensierino della sera: mi chiedo perchè un Equalizzatore si chiami così; se in effetti la sua funzione è quella di modificare un suono, dovrebbe chiamarsi “Diversizzatore”. O no? 🙂

Buoni EQ a tutti

Cubaser è Valerio Nigrelli, inizia prestissimo a farsi le ossa nei service audio scaricando furgoni di attrezzature. Appassionato di home recording lavora nel campo ormai da circa 20 anni. Dal giugno del 2005 ha raggiunto col nickname cubaser (visto il suo sviscerato amore per questo software) la comunità dei forum di cubase.it.

Potete scrivergli su valerionigrelli@cubase.it
Potete navigare fino al suo sito www.valerionigrelli.it
Potete andarlo a trovare nel suo negozio:
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Via Ognissanti, 9
35129 Padova
Tel. 049 8079043