Suona meglio Cubase, Logic o Pro Tools? :)

Niente paura, non è l’ennesima prova sul bounce “chiaro” o “scuro” di questo o quell’altro software; il test di oggi vuole saggiare gli algoritmi di Time Stretching di tre tra i più popolari programmi per la registrazione digitale
a cura di cubaser

Da un po’ di tempo, la capacità di manipolare la velocità e l’intonazione dei files audio in modo sempre più efficace e naturale ha assunto, nella gestione dell’ audio digitale, un’importanza cruciale; esamineremo oggi l’algoritmo di Time Stretching di Cubase 6, Logic 9 e Pro Tools LE 8 (M-Powered). Il processo chiamato Time Stretching si prefigge di cambiare la velocità di esecuzione di un determinato file audio senza variarne l’intonazione (per una descrizione più accurata, rimando alla bella pagina di wiki http://en.wikipedia.org/wiki/Audio_timescale-pitch_modification); per il momento, accontentiamoci di semplificare la spiegazione affermando che, nel caso dell’ accelerazione, l’algoritmo di Time Stretching taglia alcuni campioni in modo da accorciare la durata di un file, mentre in caso di rallentamento, li aggiunge, con una operazione di interpolazione. Già da queste premesse si capisce che è più facile ottenere buoni risultati in fase di accelerazione piuttosto che in rallentamento, in quanto, per questa operazione, il software si deve letteralmente “inventare” dei campioni che in realtà non esistono. Una difficoltà maggiore è ottenere risultati credibili, ad esempio, di mix completi; mentre è (relativamente) facile fare il Time Stretching di materiale povero di armoniche complesse, come in genere sono le tracce singole di strumenti, è decisamente più complicato operare su files contenenti più strumenti che suonano assieme, in quanto diverse armoniche di diversi strumenti che si sovrappongono generano a loro volta altre armoniche. Apriamo una breve parentesi per chiarire meglio questo concetto; un evento sonoro è caratterizzato da altezza e timbro. Un do di una chitarra e di un pianoforte sono evidentemente alla stessa altezza (intonazione), ma il suono dei due strumenti è ovviamente diverso; ciò è dovuto alla natura stessa del suono. Un suono è costituito quindi da una forma d’onda fondamentale,  responsabile dell’intonazione, e da una serie di armoniche, che sono delle forme d’onda multiple e sottomultiple della fondamentale, anche ad intervalli non regolari, e che sono responsabili del timbro. Ecco per esempio come si presenta visivamente una waveform di una voce

Figura 2

 

Come si può notare, l’andamento delle waveform è abbastanza simmetrico e regolare. Questa invece è la rappresentazione della waveform del kit di batteria, presa nello stesso istante del progetto

Figura 3 Figura 3

 

In cui si nota un picco, dovuto ad una cassa e/o piatto. Oltre alla fondamentale dei tamburi (che ha un decadimento brevissimo) sono presenti anche quella dei piatti, che ha un decadimento più lungo, più tutte le armoniche relative, che hanno un andamento piuttosto aciclico e anche variabile di ampiezza nel tempo. Se sommiamo insieme in un  ipotetico mix tutte le componenti del progetto presenti in quel punto (batteria, basso, organo e voce) otterremo questo:

Figura 4 Figura 4

 

La waveform risultante è estremamente complessa come andamento, anche perchè l’incrocio di armoniche diverse di diversi strumenti può provocare (ed in effetti provoca) nuove armoniche dovute alla somma/differenza del sovrapporsi dei picchi e degli avvallamenti delle singole waveforms; tutto ciò può complicare notevolmente i calcoli relativi al taglio o all’interpolazione di campioni. Torniamo quindi al test pratico; ho preso un frammento di un mix (ricavato da una demo di Logic) e un frammento vocale (ricavato da una demo di Cubase), e li ho passati nei vari programmi, impostando lo stretching sul -15%, -30%, + 15% e + 30%. Cubase 6 dispone di svariati algoritmi di calcolo per fare fronte a materiali sonori diversi (percussioni, suoni monofonici, tappeti ed altro) ed ho scelto rispettivamente l’algoritmo MPEX poly complex e solo musical rispettivamente per il mix e per la voce da sola. Ecco come si presenta il menu del Time Stretching in Cubase 6

Figura 5

Figura 5

 

l’operazione è possibile impostando le diverse durate sia come numero di campioni, che come tempo musicale, numero di battute, tempo assoluto e percentuale. È presente anche una funzione “usa locatori” che permette, una volta impostati i medesimi, di effettuare lo stretching su di essi; questa è la funzione che io adopero in assoluto di più, essendo molto comoda in molte situazioni. Pensate ad esempio al classico caso del buco che può rimanere tra la coda di un evento spostato e l’inizio dell’evento successivo: è sufficiente circoscrivere con lo strumento selezione l’area tra l’inizio dell’evento da stretchare (pessimo inglesismo, ma è la stampa, bellezza!) e l’inizio dell’evento successivo, premere il tasto P (imposta i locatori), selezionare l’evento, cliccare su “usa locatori” e l’evento assumerà l’esatta lunghezza desiderata. È presente naturalmente anche un menu di selezione dei diversi algoritmi di stretching. Non è per fare favoritismi (le mie simpatie si sa bene a chi vanno!), ma questa pagina a mio avviso è più completa ed efficace della concorrenza! Passando a Logic 9, la finestra si presenta così:

Figura 6
Figura 6

 

in questa finestra è possibile impostare sia il Time Stretching che il Pitch Shifting (modifica dell’ intonazione); il parametro Mode, impostato su Free, consente di modificare la durata indipendentemente dall’intonazione, mentre esiste anche una modalità Classic che consente di modificare contemporaneamente i due parametri in modo “tape style“, come avveniva rallentando i giri dei registratori a bobine. Presenti anche qui un certo numero di algoritmi (molti meno che in C6) per manipolare diversi tipi di waveforms, e gli usuali campi per la trasformazione seguendo BPM, battute, percentuale ed altro. Anche qui ho adoperato gli algoritmi Complex e Monophonic. Ed eccoci giunti (in rigoroso ordine alfabetico!) a Pro Tools 8. Non ho ancora avuto la possibilità di testare la nuova release 9, per cui i risultati in quest’ ultima potrebbero essere diversi. Ecco la finestra di Pro Tools:

Figura 7
Figura 7
 

In aggiunta alle usuali possibilità, è possibile impostare lo stretching sul timecode. Del tutto assenti invece, algoritmi differenziati, sostituiti da un cursore che necessita di svariati aggiustamenti ad orecchio e che, francamente, mi è sembrato piuttosto inefficace. Ecco quindi i risultati, che riserveranno qualche sorpresina. Lascio sempre alle vostre orecchie il giudizio, mitigato anche dal fatto che, per motivi di spazio, i files sono proposti in formato compresso Mp3 a 320 kbps. Anche così, comunque, le differenze nella qualità risultante sono in certi  casi eclatanti. Mix originale (mp3 520 Kb)

Voce originale (mp3 213 Kb)

Test effettuato su Cubase 6.0.0, Logic 9.02 (Macbook pro 2,4 Ghz e Imac 2.0 Ghz) e Pro Tools 8.0 (Toshiba A100 2,4 Ghz). Volete un parere ovviamente personale e partigiano? A me pare che il buon vecchio cubo faccia la parte del leone!

cubaser

Cubaser è Valerio Nigrelli, inizia prestissimo a farsi le ossa nei service audio scaricando furgoni di attrezzature.

Appassionato di home recording lavora nel campo ormai da circa 20 anni. Dal giugno del 2005 ha raggiunto col nickname cubaser (visto il suo sviscerato amore per questo software) la comunità dei forum di cubase.it.

È docente certificato Steinberg

Potete scrivergli su valerionigrelli@cubase.it
Potete navigare fino al suo sito www.valerionigrelli.it
Potete andarlo a trovare nel suo negozio:

Easyprint
Via Ognissanti, 9
35129 Padova
Tel. 049 8079043