Native Instruments Massive (con mini tutorial sulla catena di sintesi analogica)

NI MassiveFinalmente ho avuto sottomano la nuova creatura Native Instruments: Massive. Prima di illustrare il nuovo synt, però, vorrei fare un passo indietro ed introdurre alcuni concetti e termini che saranno utili per comprenderne l’architettura.
a cura di cubaser

Native Instruments Massive

 

Ogni suono (o rumore, la disputa su ciò che è suono o rumore dura ancora oggi) è contraddistinto fondamentalmente da due parametri: il contenuto armonico, cioè il timbro e l’ inviluppo, cioè il modo come il suono stesso e il suo contenuto armonico si sviluppano nel tempo. Per secoli l’umanità ha prodotto musica con strumenti musicali i quali potevano variare, entro certi limiti, il secondo parametro, ma non certo il primo: un violino non potrà mai suonare come un pianoforte, anche se una nota di violino può assumere lo stesso andamento temporale di una nota di pianoforte. Mi spiego meglio; una nota di pianoforte è contraddistinta da un andamento temporale ben preciso: inizia con un attacco percussivo, ricco di armoniche, poi si attenua progressivamente sia come intensità sonora sia come contenuto timbrico. Una nota di violino invece, inizia normalmente con un attacco più morbido e prosegue praticamente inalterata come contenuto armonico e intensità fino alla cessazione brusca. Con alcune tecniche, però, tipo lo staccato, il suono diventa più percussivo inizialmente, e più ricco di armoniche nei primi istanti, per poi mutare nel tempo.

Negli anni settanta cominciò ad essere costruito uno strumento musicale elettronico capace di assemblare un suono partendo dalle sue componenti: il sintetizzatore analogico.

I primi sintetizzatori adottarono una struttura ed un linguaggio che sono arrivati fino ad oggi: il suono grezzo viene prodotto da un Oscillatore; l’oscillatore crea delle Forme d’onda (waveforms) che sono il primo elemento costitutivo di un suono: Il suono così generato viene poi modulato e modificato attraverso sezioni successive, principalmente tre: un Filtro, in grado di modificare il contenuto armonico della waveform di base, un Inviluppo, capace di modificare il comportamento nel tempo del suono, e un Amplificatore, capace di modificarne la dinamica. Un’ ulteriore possibilità di modulazione è costituita dall’applicare ad una qualsiasi di queste componenti un oscillatore (Low Frequency Oscillator, LFO), che in questo caso non fornisce una risultante acustica, ma un impulso ciclico che modifica i parametri del bersaglio.

Torniamo alla nostra nota di pianoforte: una nota di pianoforte ha un attacco percussivo, seguita da un breve abbassamento di volume, poi da un periodo di suono sostenuto, e infine da un decadimento finale dopo che il tasto è stato rilasciato. questo per quanto riguarda il volume del suono, ma anche il contenuto armonico varia, all’inizio l’attacco è brillante e ricco di armoniche, in seguito il suono tende a diventare via via più cupo. Per ricreare queste caratteristiche furono inventati due moduli: il filtro controllato in tensione VCF e l’amplificatore controllato in tensione VCA, responsabili rispettivamente del contenuto armonico e del volume del suono. Controllato in tensione, vuol dire che i parametri di questi due moduli non sono statici cioè a valore fisso, ma dinamici, cioè possono cambiare valore nel tempo, secondo un generatore di inviluppo (il termine usato per descrivere l’andamento temporale dell’evento) chiamato appunto ADSR (Attack Decay Sustain Release) che simulava i quattro punti che ho descritto prima. All’ epoca, erano proprio tensioni elettriche che pilotavano questi moduli. l’esempio visivo più imponente è il Moog modular di Keith Emerson, in cui i moduli erano collegati l’uno all’altro da cavi che portavano queste tensioni elettriche. Una waveform è un evento ciclico, vale a dire che il contenuto timbrico, la somma delle armoniche che la compongono, è determinato e costante; le waveforms di base dei synt analogici erano sostanzialmente tre: la Sinusoide che è la forma d’onda di base esistente in natura, la Rampa o dente di sega, che ha un contenuto armonico più brillante, e la Quadra che ha un contenuto armonico più dolce (classico esempio il suono del clarinetto). In natura però non esistono praticamente suoni formati da waveforms pure; ogni suono è composto da forme d’onda diverse e stratificate che generano armoniche responsabili del timbro caratteristico, ad esempio, degli strumenti musicali o del fatto che siamo in grado di riconoscere, appunto dal timbro delle voce, una persona da un’altra. All’ inizio fu solo una questione di costi e di dimensioni, ma già negli anni ’80 venne costruito un primo synt con forme d’onda digitali complesse: il PPG.

E arriviamo finalmente ai giorni nostri: Massive. Ai signori della Native devono essere fischiate le orecchie un bel pò per via del sistema di protezione e autorizzazione, perchè le cose sono cambiate parecchio. Al momento dell’ installazione viene caricato un programmino di servizio, chiamato Service Center, che genera un file HTML che contiene i dati per l’autorizzazione. Se l’autorizzazione viene effettuata on line, Service Center si arrangia e installa autonomamente il codice di sblocco, altrimenti è sufficiente esportare il file su un pc con il collegamento ad internet, cliccare sul medesimo e la procedura avviene in automatico fino alla generazione del codice di sblocco che va poi reimportato in Massive. Tutto questo presuppone, naturalmente, l’attivazione di un account Native sul sito.

Massive, Figura 2

Superata senza traumi la fase dell’installazione, prima di descriverne sommariamente le funzioni, comincerei dal fondo: come suona.

Ebbene, è una situazione strana; il suono, e sto parlando della pasta sonora, è cristallino e limpido all’inverosimile, si sentono tutti i dettagli e le sfumature, e allo stesso tempo è corposo, quasi una contraddizione di termini. Pur prendendo come punto di partenza e come impostazione dei controlli il synt analogico, i programmatori si sono sbizzarriti a creare dei preset che sfruttano molto bene la peculiarità di Massive, e cioè di creare delle forme d’onda “analogiche” ma non cicliche (il difetto principale dei synt analogici era la staticità delle forme d’onda di base, ovviata con detuning e stratificazione di oscillatori che creavano appunto il suono “grasso”). Massive è organizzato su una catena di sintesi classica: oscillatore-filtro-amplificatore, a loro volta modulati da oscillatori a bassa frequenza (LFO) e inviluppi (ADSR), nonchè da due moduli denominati Performer e Stepper che non sono altro che degli step sequencers, divisi in 16 Steps (la pagina ricorda la programmazione di un loop di Fuity Loops, solo che non pilotano suoni, ma parametri: per dare l’idea, è possibile, con un Performer abbinato al decay del riverbero, cambiare il tempo di riverbero in modo sequenziale; ogni step può agire secondo una sua forma d’onda editabile ed è possibile stabilire un morphing tra 2 sequenze diverse. Vi è venuto il mal di testa?). E’ presente un sofisticatissimo sistema di routing, che permette di indirizzare queste sorgenti di modulazione a bersagli di ogni tipo, e soprattutto un sistema di morphing che fa sì che qualsiasi intevento non sia mai costante ma vari nel tempo in modo da assicurare cambiamenti non ciclici di timbro o di qualsiasi altro parametro. Come risultato, Massive è in grado di spaziare da suoni classici di synt solista a tappeti, a sequenze e suoni astratti alla Absynth, a suoni che ricordano la sintesi FM.

Il cuore di Massive è nel particolare sistema di generazione sonora adottato: una ottantina di digital waveforms. Ma questo è solo il punto di inizio, perchè, a differenza delle waveforms classiche ogni oscillatore (ce ne sono 3, più uno per la modulazione e un noise generator), prevede la possibilità di mixare in modo dinamico fino a 256 versioni della waveform stessa. In pratica, assegnata una waveform ad un oscillatore, è possibile variarne il contenuto armonico (morphing della forma d’onda) dalla versione base alla versione N in modo statico o dinamico, assegnando uno o più controlli di modulazione. La sezione filtro prevede due VCF utilizzabili in serie, in parallelo e anche separatamente su ciascun oscillatore. Completano la catena di sintesi quattro inviluppi, un VCA, due effetti insert, due effetti master e un equalizzatore. (Figura 1)

La parte centrale della schermata è dedicata ad una finestra multifunzione per il routing e la programmazione degli inviluppi, modulazioni e steppers. Realizzata graficamente, rende molto bene l’idea di ciò che si sta facendo. (Figura 2)

Come ultima sezione, è presente una serie di 8 Macro Controls completamente programmabili ed assegnabili a controllers midi, con una funzione di learn, ed anche alla velocity o all’aftertouch. Questo vuol dire che, ad esempio, potremo controllare via aftertouch il morphing delle due sequenze che controllano il decadimento del riverbero dell’esempio di cui sopra, assieme, per buona misura, alla chiusura di un filtro. Il mal di testa aumenta?

I suoni sono inseriti in un browser (cfr FM 8 e Absynth) che rende decisamente facile la ricerca, organizzati per categorie (synt, pad, effetti, etc.) e sottocategorie in modo da poter restringere il campo di ricerca a volontà.

Figura 3, Massive

Il peso sulla CPU non è indifferente, e varia molto a seconda della polifonia impostata. A questo proposito, c’è anche da dire che è possibile usare il synt come monofonico, ma usando le voci di polifonia in modo stacked, cioè sovrapposto. Ho provato ad usare un suono con tre oscillatori in mono con sedici voci sovrapposte, ebbene, è un esperienza: naturalmente è possibile editare il detuning delle voci e -indovinate?- modularlo con una qualsiasi sorgente e/o assegnarlo ad una macro e/o ad un controller o velocity/aftertouch. in pratica sono 48 oscillatori che suonano contemporaneamente, per dare un’idea il buon vecchio e grasso Minimoog ne ha solo 3.

Ho creato una piccola demo usando esclusivamente i suoni di Massive; i loop ritmici sono dei preset in cui i vari oscillatori e filtri sono controllati dagli steppers (la scansione naturalmente è agganciata ai BPM del brano). Tutti gli effetti sono generati da Massive. Non è un vero e proprio brano, ma una piccola carrellata di suoni per far risaltare le potenzialità del synt. Il brano si chiama Happy Weekend (MP3 da circa 1MB), ho passato, infatti un divertente fine settimana “spippolatorio” su questo nuovo e affascinante prodotto della Native Instruments.

Che la sintesi sia con voi!

Valerio Nigrelli inizia prestissimo a farsi le ossa nei service audio scaricando furgoni di attrezzature. Appassionato di home recording lavora nel campo ormai da circa 20 anni. Dal giugno del 2005 ha raggiunto col nickname cubaser (visto il suo sviscerato amore per questo software) la comunità dei forum di cubase.it